jueves, 7 de abril de 2011
Successo di pubblico per La Traviata dei giovani allestita nel Teatro Comunale di Ferrara

Athos Tromboni
FERRARA
- La Traviata allestita il 3 aprile scorso dall'Associazione Teatro
Verdi di Porotto, nel Teatro Comunale di Ferrara, ha dato buoni frutti: è
nato un nuovo baritono verdiano. Si chiama Gocha Abuladze,
originario della Georgia (quella europea del Caucaso, non quella
americana di Atlanta), età 24 anni. Il responso lo ha sancito il
pubblico di Ferrara che gremiva i palchi e la platea per il ritorno del
titolo sul massimo palcoscenico della città estense, titolo assente dal
2002. Abbiamo detto che è nato un nuovo baritono verdiano perché, quando
si tratta di voci, il fiuto del pubblico difficilmente sbaglia.
All'indirizzo del giovane Abuladze si sono manifestati gli applausi più
calorosi, anche a scena aperta, e le più insistenti richieste di bis
dopo l'aria Di Provenza il mare e il suol, cavallo di battaglia del
personaggio Germont padre (bis non concesso. Dallo scambio di gesti fra
il cantante e il direttore, mentre gli applausi scrosciavano, non si è
capito se a negarlo sia stato lui o il direttore stesso). Indubbiamente
il giovane georgiano è risultato il migliore del cast e il merito
d'averlo lanciato spetterà all'associazione porottese, se questo
baritono manterrà la strada giusta per quella brillante carriera che gli
si prospetta. La sua vocalità è pregevole, un mix invidiabile fra le
morbide bruniture di un grande baritono verdiano come l'italiano Leo
Nucci e la salda tessitura di un ottimo verdiano quale il russo Dmitri
Hvorostovsky (per citarne due in attività, dopo i Pons, i Bruson, i
Cappuccilli, i Bastianini, che hanno dato corpo e voce al modo d'essere
baritono verdiano). Anche scenicamente Abuladze ha un gesto e una mimica
inclini alla naturale drammatizzazione, quindi alla recitazione non
forzata ma spontanea. Nell'esecuzione delle arie e dei duetti la dizione
italiana si è dimostrata più che soddisfacente e ben curata, mentre
l'accentazione straniera è purtroppo comparsa durante i recitativi,
quindi saranno questi a dover essere oggetto di maggiore studio e
migliore perfezionamento. Nelle vesti della protagonista era Sara Rossi,
artefice di una buona prestazione, spintasi in maniera efficace
all'apice del fatidico Mi Bemolle nell'aria Follie! Follie! Delirio vano
è questo che le ha fruttato un applauso interminabile. Questi due
giovani artisti erano il fior fiore del concorso bandito quest'anno
dall'Associazione di Porotto, mentre il ruolo tenorile ha dovuto essere
affidato al vincitore della passata edizione, il coreano Sang Jun Lee:
il suo timbro è chiaro, l'acuto squillante, l'accento italiano
pressoché perfetto e quindi il suo Alfredo è risultato efficace; è
mancato un po' il calore passionale del personaggio, ma si sa che è una
caratteristica "genetica" dei cantanti orientali quella della cura della
perfezione tecnica a scapito della passionalità. Molto bravi tutti i
comprimari che qui citiamo: Stella Georgiu (Flora), Maria Giovanna
Michelini (Annina), Stefano Rizzati (Gastone e Giuseppe), Gianpaolo
Monti (Douphol e Commissionario), Fulvio Massa (D'Obigny), Maurizio
Franceschetti (Grenvil) e Niccolò Roda (un Domestico).
La regia di Maria Cristina Osti,
nel solco della tradizione, ha mosso i personaggi e le masse dentro il
dramma intimo della Traviata, impostato fin dall'apparire, al preludio
del primo atto, per una Violetta Valery segnata dalla percezione della
morte d'ogni speranza, più che dall’angoscia della morte fisica; e qui
l'ottima mimica di Sara Rossi ha contribuito e quella suggestione
interpretativa. Dal punto di vista spettacolare, è stato molto bello il
finale del secondo atto, con l'intervento del coro, delle zingarelle e
dei mattadori coreografati dalla danzatrice Donatella Pasotto, con
l’azione che si svolge intorno e sopra un grande tavolo verde mentre sul
fondale troneggia un enorme quadro (Venere e Adone) di Jacob Van Hal, simbolo mitologico della bellezza giovanile e dell'amore maledetto. Ottima la direzione di Fabrizio Milani
a capo di una brava Orchestra del Teatro Verdi di Porotto: il direttore
ha fatto suonare l’orchestra su dei pianissimi addirittura commoventi e
vogliamo qui sottolineare che la cura degli strumentini e degli ottoni è
stata tale e tanta che non pareva neanche ci si trovasse di fronte ad
un ensemble convocato per la circostanza, ma ad una compagine affinatasi
dalla lunga prassi d’insieme. Non sempre precisa, invece, la Corale
Lirica San Rocco istruita da Maria Luce Monari. Applausi copiosi e ovazioni per tutti a fine spettacolo.

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